Esclusa la reintegrazione sul posto di lavoro
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 30985 del 27 dicembre 2017, ha stabilito che il licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo per tardività della contestazione va sanzionato con il riconoscimento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria compresa tra le 12 e le 24 mensilità della retribuzione globale di fatto, e non con la reintegrazione sul posto di lavoro.
Nel caso all’esame della Corte, l’azienda aveva contestato al lavoratore un illecito disciplinare con due anni di ritardo rispetto al verificarsi del fatto: in primo grado il Tribunale, accertata l’illegittimità del licenziamento, aveva disposto in favore del dipendente un’indennità risarcitoria; in secondo grado, invece, la Corte d’Appello aveva optato per una sanzione più forte, e cioè la reintegrazione sul posto di lavoro.
Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo aderendo all’orientamento giurisprudenziale applicato anche dal Tribunale, secondo il quale, nel caso di tardiva contestazione disciplinare, si applica la sola tutela indennitaria: l’articolo 18, infatti, non include mai la contestazione tra i vizi che comportano la reintegrazione sul posto di lavoro.
La Corte ha inoltre chiarito che la tutela indennitaria che si applica è quella piena, e cioè dalle 12 alle 24 mensilità, e non quella in forma attenuata (dalle 6 alle 12), dal momento che quest’ultima è prevista per le sole violazioni meramente procedurali, tra le quali non può farsi rientrare la tardività della contestazione, in quanto il principio di tempestività dell’azione disciplinare è indispensabile per garantire al lavoratore una difesa effettiva.
A.G.