19 aprile 2018


 Guardia giurata abbandona il posto di lavoro per recarsi al bar: licenziata 

La Cassazione conferma il licenziamento e chiarisce il concetto di abbandono del posto di lavoro

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9121 del 12 aprile 2018, si è pronunciata sul concetto di “abbandono del posto di lavoro”.

La sentenza trae origine dal caso di una guardia giurata, addetta al piantonamento fisso antirapina di una banca, che durante il normale orario di lavoro si era tolta il giubbotto antiproiettile per poi recarsi al bar di fronte all’ingresso della banca.

Licenziata in tronco per abbandono del posto di lavoro e omesso utilizzo del giubbotto antiproiettile - condotta già oggetto di numerosi precedenti disciplinari a carico del dipendente -, la guardia giurata era comunque riuscita a trovare accoglimento delle proprie ragioni. La Corte di appello di Firenze, infatti, gli aveva dato ragione, ritenendo il provvedimento espulsivo sproporzionato, perché per potersi configurare l’abbandono del posto di lavoro, contemplata dal Ccnl di della vigilanza privata quale ipotesi di giusta causa di recesso, occorre che “per modalità e tempi, l’agente si allontani in modo da favorire eventuali intrusioni non controllate”. Ciò, secondo i giudici di merito, non sarebbe accaduto, dal momento che l’ingresso della banca era visibile anche dal bar.

Di diverso parere è stata però la Corte di Cassazione, che ha ribadito la legittimità del licenziamento, chiarendo che la condotta di abbandono del posto di lavoro va valutata non solo sul piano oggettivo, e cioè come “totale distacco dal bene da proteggere” - circostanza che, data la vicinanza del bar alla banca, poteva risultare dubbia, - ma anche sotto il profilo soggettivo, da intendersi quale “coscienza e volontà” dell’abbandono “indipendentemente dalle finalità perseguite e salva la configurabilità di cause scriminanti, restando irrilevante il motivo dell’allontanamento”.

In questo senso, va tenuto conto delle circostanze del caso concreto, nonché di eventuali precedenti disciplinari del lavoratore, al fine di stabilire se il comportamento di quest’ultimo possa porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, denotando scarsa inclinazione all’attuazione delle direttive datoriali e degli obblighi contrattuali secondo diligenza e buona fede.