L'intervista di Vigilanza Privata Online al Presidente Gabriele
Dove non è arrivata la politica potrebbe arrivare la cultura, in quello strano mondo che si chiama vigilanza privata. I principali organi di rappresentanza, di qualunque parrocchia, hanno infatti affidato il coordinamento di un restyling della normativa di settore ad una Fondazione che ha lo scopo di fare cultura della sicurezza. Chissà che stavolta non si arrivi ad un riordino organico scritto da chi conosce il mestiere. E chissà che questa non diventi la premessa per un nuovo CCNL (se non di filiera, almeno leggibile). Ne abbiamo parlato con Luigi Gabriele, Presidente di ConFederSicurezza e di Fondazione Asfàleia.
Partiamo dall’attualità. Da aprile è parte del Consiglio di Confcommercio-Imprese per l’Italia. Che significato ha questa carica per il comparto della sicurezza privata?
Il Consiglio è l’organo intermedio tra l’Assemblea dei Soci e la Presidenza di Confcommercio-Imprese per l’Italia ed è deputato a deliberare su aree di grande rilievo. Il primo risultato è quindi la centralità che viene attribuita al tema sicurezza da parte della più grande rappresentanza d’impresa in Italia. Parliamo di oltre 700.000 imprese associate che individuano nella sicurezza un elemento centrale, e non più periferico, per la redditività e la stessa tenuta della dorsale d’impresa italiana.
Ed è anche un riconoscimento per i risultati conseguiti da Federsicurezza prima e ConFederSicurezza poi… A che punto siamo con il percorso di aggregazione?
Nei miei 20 anni alla guida della federazione del comparto della sicurezza privata, i due contenitori attivi da lei citati hanno aggregato sempre più interlocutori: dalle capofila storiche del comparto vigilanza e sicurezza privata come UNIV e ANIVP, alla più recente ANI Sicurezza, per allargarsi alla componente tecnologica di ANSSAT e al security management con AISeM e infine al sempre più interconnesso mondo della sicurezza logica per il tramite di AssoCyber. Il nostro corpo di rappresentanza incarna dunque quel poliedro chiamato sicurezza e fatto di uomini, tecnologie, strategie e contaminazioni tra professioni e attività distinte.
Si può considerare la prima “messa a terra politica” del suo storico progetto di costruzione di un contratto collettivo di lavoro di filiera per la sicurezza privata?
Per quel progetto, dove non è mai arrivata la politica, ad oggi sembra sia invece arrivata la cultura. La visione anticipatrice di ConFederSicurezza si è infatti espressa in tal senso nel suo strumento culturale: Fondazione Asfàleia, cui tutti i principali organi di rappresentanza, di qualunque area, hanno affidato il ruolo di coordinamento di un ambizioso progetto di riordino del settore. Un progetto che potrà fare anche da premessa alla costruzione di un nuovo CCNL di filiera, o che quanto meno permetterà di collazionare e cucire assieme i pezzi di quel mosaico che ad oggi è il CCNL di settore. E mi creda che accelerare il tavolo di lavoro contrattuale non è un pensiero ozioso: le basti sapere che il FASIV, che ogni anno deve esibire all’INPS il CCNL che esprime la volontà delle parti di riattivare il fondo, non ha accolto l’attuale versione di contratto. E’ ora di mettere il turbo ai lavori.
E allora partiamo da questo progetto di riordino che – a mia memoria per la prima volta – nasce da una spinta organica di settore.
Stiamo lavorando per presentare un progetto di riordino alla politica entro la scadenza delle ferie parlamentari: sarebbe un risultato storico per il settore, purtroppo caratterizzato da polverizzazione e divisione intestine che negli anni hanno portato a scomposti tiraggi di giacchette e proposte di legge inorganiche, mal scritte, inconcludenti o addirittura dannose per la sicurezza privata. I partiti di maggioranza hanno già delegato i deputati di riferimento e stiamo naturalmente valutando di aprire interlocuzioni con le opposizioni e la bilateralità.
L’obiettivo?
Un restyling che parta dal TULPS per armonizzare la pletora di direttive e circolari che hanno costellato la storia normativa di un settore d’impresa che è figlio di un regio decreto del 1931. Un obiettivo ambizioso, che richiede di comporre pensieri divergenti e spinte opposte: tra deregulation e ipernormazione, tra garantismo e liberismo e chi ne ha più ne metta. Il primo passo, però, è stato quello di sederci a un tavolo e dichiarare un intento comune. Il resto verrà col tempo.